FILI D'ERBA
Variazioni sul tema del regalo

Testo e disegni: Laura De Luca
Musiche originali: Silvano Valci

 


 

12.  Questo regalo sei tu
 

Nella sua opera La vocazione di Matteo, Caravaggio raffigura l’apostolo nel momento in cui Gesù, entrando nella locanda dove è in corso una bisca, lo indica con un gesto molle e insieme molto esplicito della mano, per chiamarlo ed attirarlo a sé.
In risposta, Matteo, con lo sguardo perplesso ed interrogativo di chi non crede pienamente in se stesso, si punta l’indice della mano sinistra al petto in un gesto altrettanto esplicito.
La domanda di quel gesto è:
Sono proprio io, quello che tu cerchi?
                                
Sì, sei proprio tu il destinatario del mio regalo, l’oggetto della mia scelta.
Io “premio” la tua incredulità, il fatto che tu esiti a credere di essere il prescelto, proprio come l’apostolo Matteo, sorpreso nella locanda a bere e giocare, nel culmine della futilità.
Ma non c’è alcuna mia supremazia in questo.
 
Del resto, ho solo questo regalo da farti.
In ultima analisi ciascuno di noi ha solo un regalo da poter fare a qualcun altro. Così come ciascuno di noi ne ha solo uno da poter ricevere.
 
Questo mio regalo dunque è personalissimo, non potrei destinarlo ad altri che a te.
Ma nel momento in cui riconosco la sua unicità, scopro anche, nello stesso tempo, la sua generalità...
Anonimo e silenzioso pure se urlante, il mio regalo possiede qualcosa di universale, ci riguarda tutti.
 
Quando faccio un regalo a qualcuno, sto sempre ricomponendo un’unità, io non sono che un tramite.
Il tuo regalo mi aspettava per ricongiungersi a te, esserti restituito.
Mi è venuto incontro solo per questo.
Ti rimpiangeva da sempre: esiste da quando tu esisti, e dunque da molto prima che io credessi di regalartelo.
 
Per questo ogni regalo si trova sempre in quella deliziosa zona intermedia tra chi lo fa e chi lo riceve. Galleggia in quello spazio cavo in attesa del suo unico destino: tornare dove gli spetta.
E’ come se fosse nato da dentro di te: ed è il tuo regalo in quanto non aspetta che tornare da te.
 
Nel farti questo regalo, perciò, io faccio un regalo al mondo intero...
Ristabilisco un ordine, l’ equilibrio dell’universo che è fatto di fili d’erba, di granelli di sabbia, di briciole cadute dalla tovaglia, di parole rimaste tra i denti, di lettere non spedite, di progetti negati...
Sono come chi firma un’opera d’arte: realizzo una somma perfetta di particolari apparentemente inessenziali. Ciascuno al suo posto. Restituisco al mondo un frammento di armonia perduta: quasi una musica.
Un regalo rimette le cose in ordine.
Ti ricorda chi sei e lo ricorda al mondo intero.
 
Il peggior anti-regalo che possiamo farci è distoglierci dalla nostra verità di persone, indurci a dimenticare.
Questo regalo è un promemoria.
Non buttarti via, non sprecare i tuoi gusti, la tua bellezza, il tuo stile, la tua intelligenza, la tua professione. Non oscurare mai  la tua generosità, la  pulizia del tuo sguardo, non dimenticarti chi sei.
 
E’ grazie a questo promemoria che tu e io possiamo appartenerci, anche se solo per qualche attimo.
L’attimo in cui il mio regalo passerà dalle mie mani alle tue...
Nel momento in cui te lo consegnerò, ti avrò riconosciuto per sempre.
 
Del resto è da un bel po’ di tempo, dicevo, che vorrei farti regali.
Non sapendo che ho desiderato sempre fartene uno soltanto.
Nel corso del tempo ho avuto le idee alquanto confuse.
Pensavo che più te ne avessi fatti, più presto avrei raggiunto lo scopo, cioè avrei imparato a riconoscere l’unico regalo giusto.
Ma ancora non sapevo, andavo per tentativi. Speravo che la quantità avrebbe ovviato a questa mancanza di chiarezza, mi avrebbe aiutato a capire strada facendo.
E così, se guardo indietro, mi sembra di averti fatto fin troppi regali. ..
E insieme mai abbastanza; di non averti dato ancora neppure una briciola di quell’unica verità che ti spetta.
 
Sì, ti ho regalato il cielo, una volta.
Ma non so se te ne sei accorto, forse era troppo grande, ti ci sei perso, era un regalo troppo presuntuoso...
Un’altra volta ti ho regalato una specie di silenzio, quando invece avevo voglia solo di piangere e di urlare. Un regalo costosissimo, niente a che vedere con diamanti, cravatte, CD, orologi di marca...
Le lacrime ingoiate sono regali comunque irraccontabili.
Una sera ti ho regalato un voltarmi dall’altra parte, una specie di discrezione e di annullamento. Forse tu pensasti che io avessi semplicemente altro da fare.
E anche questo, mi sembra di ricordare, fu un regalo che costò molto caro.
 
Sono arrivata a regalarti perfino un addio, ora che ci penso...
(Non ci sono mai confezioni giuste per gli addii, gli addii sfuggono da tutte le parti, non riesci mai a chiuderli, a inscatolarli...
Gli addii sono regali impossibili.)
 
Ma ricordare di aver fatto regali (o di avere tentato di farne) è scorretto, dicevamo.
Perché l’unico regalo vero è proprio quello che non resiste nella memoria di chi lo ha fatto.
Se continui a ricordarlo, non era il tuo regalo.
Non quell’unico.
 
In verità allora, come ho già detto, io non ti ho ancora regalato niente.
Per fortuna.
Questa certezza mi frustra e mi eccita nello stesso tempo, mi spinge a pensarti come una continua vigilia di festa, sempre rinviata. sempre ancora da celebrarsi.
 
E mi sfiora il pensiero che c’è qualcosa, in ogni regalo, che lo rende comunque reciproco, riconoscibile, dolcemente necessario.
Perché nessun regalo è solo donato, è sempre anche restituito.
Chi regala ha già ricevuto, chi riceve ha già regalato.
 
Anch’io ho ricevuto da te tantissimi regali.
Non te ne ricordi?
E insieme mai abbastanza.
Regali che a mia volta non avrò riconosciuto, che avrò confuso con attimi di distrazione, con parole buttate a caso, con quell’eccesso di scuse che un po’ mi ferisce...

  

   
     

Guarda allora quanto questo regalo, misterioso e impalpabile, ci appartiene e ci svela.
Mette a nudo qualcosa del nostro incontro, del modo in cui ci guardiamo, distratti, oppure con intensità.
Sta in mezzo a noi.
Ci lega e ci scioglie, perché ci mette sempre di fronte a noi stessi.

Perciò non firmerò mai questo regalo col mio nome e col mio cognome.
E non per nascondermi, ma perché non sono io l’essenziale...
L’essenziale sei tu.
Non ho niente altro da regalarti che te stesso.
 
La sorpresa con cui lo riceverai sarà la sorpresa di riconoscerti, scoprendo quel paio di cosette sul tuo conto che pensavi di avere dimenticato...
La tua non-accidia, la non-prostrazione...

Un mio sogno ricorrente è quello di scovare, nel cuore della mia casa, una stanza in più, rimasta chiusa a chiave per decenni, dimenticata e ora ritrovata.
Nel sogno, esploro questa stanza col gusto di ritrovare oggetti appartenuti a nonni e bisnonni, di riaprire bauli serrati su misconosciuti tesori familiari, di riappropriarmi di uno spazio che è sempre stato mio senza che io riuscissi a ricordarmene e tanto meno a percepirlo.
Da sveglia, sento mancarmi il respiro al pensiero della possibilità di una riscoperta come quella sognata, che potrebbe investire qualsiasi angolo della mia casa reale, della mia vita, dei suoi spazi già noti e ordinariamente vissuti.
E’ proprio questo il cuore del mio regalo: la sorpresa e la pazienza di indurti a contemplare il fondaco inesplorato di te stesso, per riscoprire tesori ed inezie, sempre nuove, sempre tue.
 
Da estranea, ho intravisto queste inezie da quando ti conosco.
Fartene dono è il modo più sicuro che ho perché mi vengano prima o poi restituite.
Io non ho fretta, aspetto.
 
Questo regalo è il mio regalo per te, ma anche il tuo, infinito, per me.
Questo regalo sei tu.

 

 

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