Tutte le cose
vogliono abbracciarti

by Nera di Seppia*

con i disegni di
Diego Romano


In mostra a Fullcomics
Rassegna Nazionale del Fumetto
IV edizione
Piacenza 11 - 13 aprile 2008:
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*
Nera perché sono nera
di capelli, di pelle
e vengo dalla luna.
Di seppia perché vengo anche dal mare.
Dal mare della luna.
E le seppie ricordano Montale,
un poeta che mi stava antipatico
che però scrisse “Ossi di seppia”
perché la poesia è dura come un osso
scivolosa come un pesce,
inutile come un avanzo.
Ringrazio Diego per avermi dato
i suoi schizzi
a commento di questi frammenti
inutili
di un amore Lunare,
sballatico
e strano

Nera


Nera di Seppia




CHI E’ STATO

 

 

Chi è stato

a farti

a pensarti...

 

Lei e lui,

tra lenzuola celesti.

 

Eri un maschio,

già da prima si sapeva,

cioè da sempre,

lì in quel sudore di ragazzi,

appena adulti,

non troppo.

 

Chi è stato

a farti,

a progettarti,

e quindi a proteggerti...

 

Lei smarrita,

occhi di bambola,

voce molto bambina,

ma già sapeva tutto,

e già voleva alla perfezione.

Lui troppo presto uomo,

un po’ esotico,

la musica come una farfalla

fin da allora posata

sulla sua fronte di uomo,

così abbronzata.

 


Sei tu?

Arriverai con l’autunno

e sarai un maschio.

Chi è stato a deciderti?

Nessuno.

Io attraversavo la strada,

era sera,

c’è scritto sul mio diario,

vedevo solo il futuro,

che ne sapevo di te?

 

Sei nato come un diamante,

lì tra pressione e calore,

al centro della terra,

al centro del loro amore

spiegazzato

di ragazzi,

nel celeste di quelle lenzuola

che non finivano mai.

 

Poi io tenevo la mano a tua madre,

bambina più di me,

mentre le attraversavi

il corpo

col tuo passo

di luce

e un suo gemito riusciva già

ad esserti musica,

diventando prestissimo

la tua prima canzone.

 

Bambina con un bambino,

lei,

tra le sue braccia bambine.

 

(Ma lei,

non io...)

 

E lui che ci guardava.

Un po’ esotico,

turbato,

la fronte così abbronzata:

e così quasi due madri

-che dico?-

per uno stesso figlio...

 

Ecco allora

chi è stato a farti,

desiderandoti più della vita,

di notte e di giorno,

immaginandoti fino

al più piccolo respiro,

anche se mai nessuno,

credo,

quanto me...

 

Lì tra lenzuola spiegazzate

infinitamente celesti,

io da sola,

 

ecco chi è stato...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TUTTE LE COSE
VOGLIONO ABBRACCIARTI

 

 

Tutte le cose vogliono

abbracciarti.

Nemmeno una si tira

indietro,

nemmeno.

 

Ti guardano e ti avvicinano,

celesti,

smarrite,

incredule che tu

sia davvero tu:

così bianchissimo,

e perfetto

una cosa tu stesso

(loro credono)

e non sanno spiegarsi

perché tanto più luminoso

tu

di tutte loro...

 

Tutte le cose allora

vogliono abbracciarti,

ma non hanno braccia

a sufficienza

tenere e molli:

nessuna carezza

possono,

infelici

sulle tue spalle

spandere,

né di saliva e baci conoscerti,

niente,

sciagurate...

 

Tutte le cose,

per questo,

tristemente ti guardano,

come me affamate

e vicino ti sperano.

Ma non ci sei

per loro,

tu guardi sempre

da qualche altra parte,

più lontano...

 

Per questo, timide

si tirano indietro

facendoti spazio e rispettando

quella tua vocazione

all’essere in disparte

solitario comunque.

E tutte le cose vogliono

dirtela,

allora,

la malinconia di questa assenza,

non rassegnandosi però

che ad esse, a volte,

tu preferisca

altri umani,

forse,

o altri spazi,

extraterrestri chissà dove.

 

Tutte le cose allora

vogliono abbracciarti:

tutte,

nessuna esclusa

e io con loro

che come una cosa,

ubbidiente e smarrita imparo

come osservarti da lontano...