Manifesto per una rinascita culturale di Roma




Roma è antichissima, vogliamo lasciarla antichissima e reinventarcela da fantascienza.

Roma è popolare, vogliamo lasciarla al popolo (da Trastevere a TorBellaMonaca) e riscoprirla raffinata.

Roma è ebraica, cristiana, cattolica, laica, vogliamo salvaguardarla tale accogliendo tutti (Passaporto: il rispetto per le sue cupole e i suoi campanili).

Roma è universale: la vogliamo ancora più universale riscoprendo la sua voglia di paese. Riscopriamola locale

Roma è metropoli, periferia, distanze: vogliamo reinventare le prossimità e la bellezza, anche nei quartieri dormitorio.

Roma è chiassona, caotica, frenetica, sporca: ci riflette, racconta il nostro disagio in un mondo senza più decoro, moralità, armonia.

Roma è occupata dai centri commerciali, ma ha una grande tradizione artigiana.

Roma non è solo nostalgia. Del suo immenso passato vuole fare la leva del futuro.

Roma non ha bisogno di altri bisogni, vuole produrre cose utili.

Roma è stanca di consumare troppo, vuole insegnare ad apprezzare il poco, quello che davvero conta.

Roma è annoiata del virtuale; le sue realtà sono infinite e sa che non valorizzarle è un delitto.

Roma è un museo sotto il cielo, guardiamola con più attenzione.

Roma è la capitale: : le istituzioni che ospita non sono una città proibita, apriamole.

Roma cantava stornelli, sa che la musica è universale, non di pochi.

Roma ospita Cinecittà e i teatri di posa, deve tornare a essere una mecca del grande cinema di qualità, alternativa a Hollywood e Bollywood.

Roma ha splendidi teatri, vuole di nuovo il teatro politico, legato alla gente, non solo di propaganda.

Roma insegna la danza: sa che è un’arte eterna, e che dunque appartiene al futuro.

Roma ha tante scuole, accademie, università: è in cerca di maestri autentici.

Roma non è solo cemento: salvaguardare il suo verde non le basta, ne serve ancora di più.

Roma è antico ius romanum: il suo pragmatismo è un bene per l’Europa.

Roma non è solo archeologia ma anche tecnologia.

Roma vuole raccontarsi, non più solo essere raccontata.

Roma è anche la Roma degli antichi patrizi e dei borghesi e sa che anche certi privilegi hanno fatto il loro tempo.

Roma è anche la Roma dei barboni: la sua Caritas è un modello in tutto il mondo, purché le mense dei poveri non siano solo un’ipocrisia per lasciare i poveri dove stanno.

Roma è la capitale di tutti, e sa che non tutti siamo uguali.

Roma è ricca di diversità, per questo vuole lottare contro le sperequazioni e le ingiustizie sociali.

Roma è amore, proprio perché nel passato ha visto anche odio e conquista.

Roma è storia, per questo deve essere futuro.

Roma è la casa di tutti. Non solamente di quelli che la usano come casa loro.

 

 

 

 

 

Pietrangelo Buttafuoco, giornalista, scrittore

Manuel De Sica, compositore

Fabio Della Seta, scrittore

Raffaella Castelli, attrice

Marco Ferrazzoli, giornalista

Federico Bonetti Amendola, compositore

Daniela Imperi, Biblioteca Nazionale Centrale Castro Pretorio

Domenico Piselli, docente Odontostomatologia Policlinico A. Gemelli Roma

Franco Ricordi, regista

Arnaldo Ninchi, attore

Margherita Scarlini, insegnante

Pierluigi Piselli, avvocato

Giovanni Antonucci, docente Storia del teatro, regista, critico

Gino Caudai, impresario

Massimo Pedroni, scrittore

Franco Monteleone, docente di Storia della Radio e della Televisione Università degli Studi Roma Tre

Nicola Colabianchi, direttore d'orchestra e compositore

Giuseppe De Carli, giornalista

Gimmi Santucci, autore musicale

Dario Busolini, giornalista

Giuseppe De Carli, giornalista, responsabile RAI Vaticano

Laura De Luca, giornalista

 

 

 

Aggiunte e proposte ricevute

 

 

Roma è ancora una città senza fogne. Quale sindaco avrà il coraggio di essere il sindaco delle fogne? Degli ospedali abbandonati? Dell’incuria ai giardini, piante alberi? Dei parcheggi? Facendo valere l’emergenza sui diktat della sovrintendenza ai beni del sottosuolo oppure nel maggiorare mezzi pubblici non inquinanti, elettrici?

Roma deve riacquisire il senso civico ai suoi cittadini.

Manuel De Sica

 

 

Roma aperta per delinquere e stuprare, non restiamo più a guardare, cominciamo a condannare.

Paolo Centofante

 

 

Su Roma si può davvero dire tutto e il contrario di tutto...

Intanto Roma non è una "città" come le altre, ma per antica definizione è l'"urbe", cioè un qualcosa che sta a mezzi tra la città in senso classico (formata da una comunità di individui che si riconosce in un certo ordinamento) e l'"orbe", cioè tutta la varietà del mondo. Per questo Roma non può che essere casinista e casinara, tesa tra l'utopia del sogno di una grandezza imperiale e la realtà che la costringe ad essere necessariamente inferiore a tali aspettative. Non potendo essere potente, si mostra decadente, perché la decadenza è pur sempre una forma di grandezza, almeno in memoria.

Roma, per la sua diversità, non si può governare come le altre metropoli (non per caso il governo che più a lungo l'ha storicamente retta, quello della Chiesa, governava assai poco), tuttavia sarebbe dovere di tutti salvarla dal degrado: Roma è bella per le sue rovine, ma se le rovine crollano Roma scompare... Un sintomo dell'avanzare del degrado, purtroppo, è la progressiva scomparsa dei romani veri, una specie umana che andrebbe tutelata e protetta. Altrimenti, chi farà diventare romani gli immigrati nuovi e vecchi? Ma anche questa è una peculiarità di Roma a ben pensarci: se in altre città si percepisce forte il confine tra residenti e stranieri, qui questo confine è assai permeabile, perché stranieri siamo tutti e tutti siamo accolti in ugual modo, anche se al cuore di Roma ci arrivano solo in pochi, forse nessuno.

L'Apocalisse, infatti, paragona Roma a una grande prostituta ed è vero perché questa nostra città sembra proprio darsi a tutti (ricchi e poveri, onesti e ladri, buoni e cattivi, sapienti e ignoranti, credenti e miscredenti e così via) per quattro soldi e senza nessuna vergogna perché di sé offre solo il suo corpo, mentre la sua anima si nasconde altrove, rintanata in fondo a qualche remoto vicoletto del centro o all'orizzonte, dietro i palazzoni delle sue periferie, custodita dai gatti randagi e insidiata dai topi di fogna.

Dario Busolini, giornalista

 

 

Roma è un prato fiorito di primavera su cui camminare con gioia e delicatezza.

Daniela Imperi

 

 

La prima idea che mi è balzata in testa è che le persone disponibili al dialogo si adornino con un determinato contrassegno... Così, muovendosi per la città, potremmo subito capire a chi possiamo rivolgerci senza tema di ricevere dei dinieghi.

Margherita Scarlini

 

 

Perché preoccuparsi di far "rinascere" Roma? Per poterla risentire come la "nostra città", per rivivere in qualche suo angolo antico il suo illustre passato, per scoprire ancora una volta, come Stendhal, Goethe, Praz, Fellini e tanti altri, la magia delle sue strade, dei suoi monumenti, della sua storia, della sua arte, della sua antica umanità...
Ci sono tante buone ragioni per impegnarsi... Tanti motivi stimolanti, emozionanti...
Eccone uno tra quelli più autorevoli, da una riflessione autobiografica di Federico Fellini.
"(...) Per trecentosessantaquattro giorni all'anno puoi restare completamente estraneo a Roma come città, viverla senza vederla, o peggio sopportarla con fastidio. Ma poi, ecco, sprofondato nei tuoi malumori dentro un taxi fermo al semaforo, all'improvviso una strada che tu di certo conoscevi ti appare di una luce e di un colore come mai avevi visto.
Oppure è un'atmosfera sonora, una eco che ti vibra attorno magicamente in vasti spazi polverosi, disadorni, e tu avverti che si è d'incanto creato un contatto profondo, un sentimento di quiete che cancella ogni tensione; (...) è come un altro senso del tempo, della vita, di te stesso, e della fine della vita; non hai più ansia né angoscia.
Quando Roma ti raggiunge con questa sua antica malia, tutti i giudizi negativi che puoi aver dato su di lei scompaiono e sai solo che è una fortuna abitarci."
Ma questo amore va coltivato, questa "malia" va protetta per evitare che il degrado e il "marciume" che devasta da anni questa nostra meravigliosa città non permetta al suo antico splendore di morire nell'oblio. Gettiamo dunque i semi del nostro amore per questa città, coltivandoli anche con coloro che non vogliono sentire, sperando che il vecchio cuore della nostra Roma possa tornare a battere come una volta!

Manuela Taliento, docente italiano per stranieri

 

 

Roma. La nostalgia del futuro
Roma è un'astronave che decolla da un impero e atterra sulle sue rovine.
Il suo grido rimbalza dal solido del Teatro Flavio al vuoto del Circo Massimo, dal Quirinale alla foce del Tevere, dalla Moschea alla Sinagoga.
La sua preghiera sale oltre il cupolone e rimbalza su una bestemmia.
Viverci vuol dire abitare una reliquia, il prestigio di dormire in una reggia senza bagni e senza luce.... ma sacralmente.
Roma è Roma fino al suo centro. Oltre non è più lei. Chi vive alla Magliana, ai Ponti, a Primavalle, ormeggia in un porto in mare aperto
Roma chiede novità. Quando arrivano, si scandalizza. Tutto può oltraggiare il passato. Perché il romano ha il monumento congenito, ma non lo vive, non lo guarda nemmeno. Così non traduce un passato e non esprime un futuro.
Dove va? Alla nostalgia del futuro

Gimmi Santucci, autore musicale

 

 

Roma è la città dove hanno avuto la prima esecuzione grandi opere liriche (Cavalleria Rusticana, Tosca etc.): che torni a stare tra le prime nel mondo per l'opera lirica

Nicola Colabianchi, direttore d'orchestra e compositore

 

 

Sono romano e fiero di esserlo. Non ci si abitua mai a Roma, e quando la città ti aggredisce, ti molesta, poi trova il modo di ripagarti con la moneta del sublime. La testimonianza che qui rendo però non riguarda me, ma mio nonno Bonetti Giacomo, classe 1893, Cavaliere di Vittorio Veneto. Un soldato come altri milioni di soldati che si era fatto la Grande Guerra in trincea, duramente e con pesante seguito per anima e corpo. Era un uomo buono e sensibile, nato e vissuto a Marano sul Panaro in quel di Modena, sulla cui piazzetta termina la Padana e inizia la salita verso l'Appennino, era "Iacmèin" per tutti, nipoti, figli, amici. Avevo 10 o 11 anni e capitarono in casa due biglietti per la parata del 2 giugno. Il nonno era, caso quasi unico, a Roma (...) Ero io che portavo il nonno o lui che portava me? Ci trovammo sulle tribune. Squilli di fanfara e quell'ondeggiare indefinito di elmi corazze cavalli colori, sfumati un po' dai riflessi vaporosi del caldo che già arrostiva le truppe innumerevoli tirate a lustro... giù da IV novembre quella visione avanzava, e via via si dipanava: i Corazzieri, la Bandiera, il Presidente sulla Flaminia scoperta... guardai il nonno sull'attenti, una lacrima gli solcava il viso "ora capisco perché Roma è la capitale del mondo". Lo ringrazio ancora per quella lacrima...

Federico Bonetti Amendola, compositore