Alla scoperta del Pianeta Terra
Piccola storia, gran vetrina
Gianni Brunoro
Nell’ambito del fumetto italiano, Gianni De Luca è stato uno dei disegnatori più innovativi sul piano espressivo e più eleganti su quello estetico. Nato a Gagliato (Catanzaro) il 25 gennaio 1927 e spentosi a Roma il 6 giugno 1991, aveva cominciato l’attività professionale nel 1946, con l’albo Anac il distruttore*, uscito come supplemento del settimanale cattolico Il Vittorioso. Sul quale comparve poco dopo, a partire dall’ultimo numero del 1947, il suo primo racconto a puntate, Il mago da Vinci, un’opera di notevole gradevolezza visuale e di già maturo equilibrio grafico, nonostante la giovanissima età dell’autore e il livello genericamente acerbo del fumetto italiano del tempo. Dopo di allora, dunque, De Luca esercitò ancora per oltre 40 anni la sua attività nel fumetto - ma in parallelo lavorò moltissimo anche nell’illustrazione, oltre a varie incursioni nella scenografia e in altri settori visuali - creandovi, attraverso la collaborazione quasi esclusiva coi settimanali Il Vittorioso e successivamente Il Giornalino, capolavori che vanno da Gli ultimi sulla Terra (1951, testo di Eros Belloni) alla cosiddetta trilogia shakespeariana, coi massimi Amleto e Romeo e Giulietta (1976, testi di Roudolph), alla serie Il commissario Spada (1970-1982, 18 episodi, testi di Gian Luigi Gonano), e a decine di altri**. Ivi compreso Alla scoperta del pianeta Terra, presentato in questo sito: un raccontino in otto tavole che, pur nella sua esiguità, esemplifica egregiamente varie sfaccettature dell’arte di De Luca. Il quale - è opportuno specificare - pur non avendo praticamente mai scritto nessuna sceneggiatura dei racconti che illustrò, tuttavia vi impresse in modo così accentuato la propria personalità, da potersene far considerare a tutti gli effetti il co-autore e non il semplice esecutore grafico.
Vale ovviamente anche per Alla scoperta del pianeta Terra, tratto da una favola di Samuele Rivolta, un bambino: circostanza che è opportuno chiarire. Nel 1990, il settimanale Il Giornalino “Il grande giornale dei ragazzi” - cui De Luca collaborava fin dal 1953 e praticamente in esclusiva dopo il 1969 - indisse fra i suoi giovani lettori la prima edizione del concorso “Peter Pan - Scrivi una favola diventerà un fumetto”. Non occorre entrare in ulteriori dettagli, perché titolo e sottotitolo del concorso ne chiariscono sostanza e metodica. Basta solo aggiungere che a Samuele Rivolta fu assegnato il 1° premio di quella edizione, e la sua idea, sceneggiata in otto tavole da Corrado Blasetti, fu appunto illustrata da Gianni De Luca ed uscì su Il Giornalino n.2, 9 gennaio 1991 (insieme alle favole seconda e terza classificata, rispettivamente: Serafino, angelo custode di serie B di Gemma Galfano, 4 tavole, disegno di Gino Gavioli e Un cane, un gatto, una piccola storia di Federica Avondo, 4 tavole disegnate da Luciano Bottaro).
L’interesse della pur breve storia Alla scoperta del pianeta Terra consiste nella sua notevole rappresentatività dell’arte di Gianni De Luca. Senza contare che essa assume anche una valenza di ordine psicologico nei confronti del disegnatore. In effetti, De Luca ebbe sempre la fama di persona dal carattere riservato, un po’ scontroso, un atteggiamento magari interpretabile come altezzoso. Si può invece ragionevolmente sospettare che fosse un po’ l’effetto collaterale di una qualche sua forma di timidezza. In buona sostanza, che non si trattasse in alcun modo di superbia lo sottolinea proprio questo racconto, in cui De Luca non ebbe remore a mettere la sua arte, ormai raffinata e matura, già assai riverita a livello critico, al servizio della fantasia di un bambino, non priva di venature naïves: da parte sua, una vera lezione di garbo e soprattutto di umiltà, idonea a sfatare l’impressione di alterigia del suo carattere.
Alla scoperta del pianeta Terra è una storiella dall’ossatura esile esile: una buffa coppia di adulti/bambini, abitanti di un microscopico pianeta a noi vicino, ottengono dal loro Mago Wizard un fiore magico che permette, strappandone i petali, di andare e tornare dalla Terra, nei cui confronti essi sono curiosi, per conoscerla meglio, insieme ai suoi abitanti. Ma sfruttando le molteplici occasioni del magico fiore, non c’è una volta che essi capitino sulla Terra senza rilevarvi momenti cruciali della storia umana: la lapidazione di un innocente, il truce schiavismo di creature indifese, guerre, persecuzioni razziali, il dramma di Anna Frank, l’orrore dei lager... In sostanza, l’esperienza sembra suggerire a questi “alieni” così pieni di buona volontà una constatazione angosciosa: che in qualunque momento e luogo si giunga sulla Terra, vi regnano comunque il dramma, la tragedia, il male. Per cui non resta loro che allontanarsi inorriditi, fuggire in attesa di tempi migliori.
Al servizio di questo fragile spunto, De Luca dispiega una gamma esemplare di suoi mezzi artistici, tecnici, grafici, in definitiva espressivi. Vi evidenzia, ad esempio, la propria capacità di saper pizzicare le due corde fondamentali del raccontare a fumetti, quella realistico/drammatica e quella umoristica. Lo fa addirittura già dalla prima tavola, che si apre con un’immagine notturna, “fotografica”, perfino un po’ romantica ed oleografica di un Colosseo da cartolina illuminato dalla luna, per passare subito alle brillanti tonalità pastello di alcune vignette finto-naïves, dai parametri umoristici. Ed è quanto, in differenti proporzioni, si ripresenterà in tutte le pagine successive.
Altro elemento notevole è la forte variabilità, da una pagina all’altra, del montaggio delle vignette in seno alla tavola. Perché, se si ricorda che la lettura tradizionale di una tavola va dall’alto al basso e da sinistra a destra, qui si può constatare in quante varianti - di forma delle vignette e di ritmi reciproci - essa vada presentandosi nella pur breve sequenza di tavole di questo racconto, nessuna delle quali è uguale a un’altra. E nella fattispecie - è opportuno sottolineare - De Luca non manca di citare, alla tavola 4, anche quella che è stata la sua più geniale invenzione espressiva, portata al massimo livello nella citata trilogia shakespeariana. Ossia quella sua tipica raffigurazione di immagini, in qualche modo confluenti l’una nell’altra, che coagulano su un’unica tavola e su un unico sfondo scenico (ciò che, dal punto di vista di chi legge, si configura come un sincronismo) momenti corrispondenti a tempi diversi e successivi (ossia diacronici, sul piano dell’evento narrato). Un esito che richiede una capacità di sintesi e un’abilità narrativa fuori dal comune e che testimonia la maestria di chi la sa realizzare.
Sempre sul piano grafico, le risorse non finiscono però qui. Ad esempio, l’eleganza di De Luca, incessantemente impegnato nella “ricerca del bello”, lo fece approdare fra l’altro a una sua specifica forma del balloon - lo spazio che racchiude i dialoghi fra i personaggi di un fumetto - oltre tutto riempito con una grafia del carattere (il “lettering”) realizzata da lui stesso. Una ricerca di armonia fra immagini e parole da lui sempre inseguita con una costanza encomiabile. Ed è quanto regolarmente figura nelle parti realistiche delle tavole di questo racconto. Nel quale emerge però in proposito, anche una singolare coerenza. Infatti nelle parti disegnate secondo parametri umoristico-infantili, i balloon, pur disegnati con la stessa forma, sono tuttavia delineati da un tratto apparentemente impreciso, fintamente incerto, e riempiti da un lettering coerentemente “infantile”, un corsivo che si rifà alla grafia scolastica, sul tipo di quella dei quaderni dei bambini.
E - ancora una volta - le considerazioni non finiscono qui. Merita infatti qualche osservazione la parte realistica del racconto. Che è raffigurata secondo la solita capacità sorprendentemente “fotografica” di De Luca, intesa però solo sul piano della resa naturalistica. Perché infatti poi egli evita alla grande le banalità dell’immagine semplicemente fotografica, connotandola invece sia con una sua ricercata e singolare tecnica di pointillisme - di assai gradevole e valido effetto artistico - sia soprattutto coi parametri di un’evidente stilizzazione (consistente nelle intenzionali deformazioni dal forte effetto espressivo), virata spesso ai toni di un sapore grottesco. Di fronte al quale De Luca non arretra nemmeno nel caso di immagini dall’estrema drammaticità, come ad esempio i cadaveri della quinta vignetta, nell’ultima tavola.
Ci sono quindi ragioni a iosa per considerare questa storiellina, di pur esile
spessore, una tuttavia consistente spia per un approccio estetico alla grande
arte di Gianni De Luca. E poiché, stante la sua prematura scomparsa, essa fu
l’ultima storia completa uscita mentre lui era ancora vivo, questa circostanza
toccante conferisce al raccontino, sul piano espressivo dei fumetti, una valenza
di testamento artistico. Certamente involontario, ma cionondimeno effettivo e
concreto.
* Recentemente ristampato dall’«Associazione Amici del Vittorioso», Via G. Ratti
40, 20050 Lesmo-MI.
** Per una più completa informazione sull’autore e il suo operato artistico, si
veda il volume Gianni De Luca a cura di Laura De Luca e Gianni Brunoro,
Editrice Comic Art, 1996.