Cara Laura,scusa se ho tardato un po' a leggere il libro ma sai bene che quando si prepara la tesi di laurea ci si perde in diecimila letture (soprattutto quando "la bibliografia è lunga un chilometro, come un treno").
Da quando ho iniziato questa ricerca mi capita spesso di sognare di vivere in quei giorni. Mi sveglio a volte con l'impressione di aver assistito a un telegiornale dove si parla della ricerca del nascondiglio di Moro e delle polemiche su fermezza e trattativa. Altre volte mi sembra di vedere una Renault 4 rossa scorrazzare liberamente per il centro di Roma, in mezzo alla polizia.
Quello che mi ha appassionato di più di quella terribile vicenda è esattamente quello che ho ritrovato nel tuo libro, cioè l'atmosfera di quei giorni ricostruita non da esperti, giornalisti, politologi ma vissuta da "testimoni insignificanti" (mi è piaciuta molto questa espressione), di chi si è trovato a far parte involontariamente di un pezzo di storia italiana e che oggi ricollega i 55 giorni del sequestro Moro alla propria biografia personale. Mi ha coinvolto molto di più rispetto ad altri testi, se pur interessanti, che tentano di ricostruire la vicenda dal classico punto di vista dell'interpretazione storico-politica. Ti faccio i complimenti perché hai scritto un libro originale e coinvolgente sul caso Moro e perché forse hai colto nel segno scrivendo che questa storia è diventata "troppo lunga, quasi irracontabile" e che l'unico modo per trasmetterla nella memoria è quella di raccontarne le impressioni private che ad essa si intrecciarono più che analizzarne gli aspetti oscuri, la cui spiegazione risulta ancora - e probabilmente lo sarà per sempre - controversa e misteriosa.
La pensa così anche Marco Baliani, di cui purtroppo ho soltanto "letto" lo spettacolo teatrale "Corpo di Stato": "I documenti, gli estratti giornalistici divenivano lo sfondo, la Storia un arazzo sul quale si innestava una costellazione di storie più piccole, episodi, nomi, compagni di cui avevo perso le tracce dentro di me, luoghi della città. Cominciai così un'esplorazione interiore a tratti molto dolorosa, ogni giornata si chiudeva con una rivelazione.
Un materiale rimosso che giaceva da qualche parte dentro la mia memoria e che là era stato abbandonato".
Così facendo costruisce un ricordo personale della vicenda in mezzo alle casalinghe e ai pensionati che ne parlano al supermercato e passando per i posti di blocco di una città blindata. Da questo punto di vista ho trovato simili le vostre opere e ho ritrovato nel tuo libro frammenti di storie raccontatemi dalle persone adulte che ho intervistato.
La figura di Moro nelle fotografie inviate dalla "prigione del popolo", i discorsi e l'inazione dei politici, i messaggi deliranti dei brigatisti e soprattutto l'impressione che fece l'agguato di via Fani sono rimasti scalfiti nella memoria dei tanti Ricetta, Piccolino, Erremoscia e Bellicapelli, oggi padri e madri di famiglia. L'audiofilm rende bene l'idea della concitazione di quei giorni e degli episodi di cui è rimasta una sorta di impronta acustica nella memoria. Penso per esempio al "tu non hai esaudito la nostra supplica" di Paolo VI al "funerale senza salma".
Ti volevo anche dire che mi ha personalmente colpito una frase: "Moro in cambio di dieci brigatisti. Come i tedeschi a via Rasella, ma a lui riconoscono un plusvalore".
L'idea della mia tesi, oltre che dall'uscita di Buongiorno, notte, è nata proprio dalla lettura di un testo (splendido, te lo consiglio se non lo conosci) sulla controversa memoria della strage delle Fosse Ardeatine, si chiama L'ordine è già stato eseguito ed è di Alessandro Portelli, grande studioso delle fonti orali.
Mi piacerebbe parlare con te e magari poterti intervistare in qualità di testimone acustica della strage di via Fani.
Grazie, Filippo.