DIEGO
Dio com’è pallido, Dio che cos’ha, oddio che cos’ha? lo domando a Cesare, ma
che glielo chiedo a fare? E poi è troppo preso a tenergli la testa. Ho il
cuore a ottomila, è solo colpa mia, dovevo essere più deciso, impormi e
mandarlo a letto, altro che notti da sballo. Aspetta, si riprende, l’abbiamo
steso di traverso, per terra, l’autobus corre, corre un pensiero, corrono le
formiche e gli scarafaggi dentro le cantine, i topi dentro i tombini, le
lettere dell’alfabeto sulla schermata del computer, Anna, dove sei?….
WINTER
Non è niente… giuro che non è niente.
DIEGO
Lo assalgo, gliene dico quattro, neanche fossi suo padre, neanche fossi suo
zio. Neanche fossi suo fratello grande….
WINTER
Mi dispiace… Mi dispiace tanto, ma non è niente. Davvero.
DIEGO
Sei scemo, sei pazzo perso. La logica del buon samaritano rende te vittima,
non lo capisci?
Sulle prime incassa, poi reagisce, di nuovo mi ritorce l’accusa contro, come
sa fare soltanto lui…
WINTER
Sei tu che hai dimenticato tutto. Tutto.
DIEGO
Stai zitto, che ne sai?
WINTER
Hai lottato per niente, quando hai lottato…
Passa un’autoambulanza…
DIEGO
Litighiamo per un bel tratto, neppure so più dov’è che stiamo andando.
WINTER
Sì che lo sai. A via dell’Orso.
DIEGO
L’autobus corre. Ancora questa storia? Provo l’argomento degli agenti. Sarà
solo un buffone, non c’è nessuno che si vuole ammazzare. Ci resterai
malissimo.
WINTER
Devo andarci lo stesso. Devo.
DIEGO
Rassegnati, è una storia virtuale. E’ solo l’illusione di comodo della tua
testarda filantropia.
(…)
Perché infierisco?
Perché voglio essere certo di lui, che continui a contrastarmi, che sia
sempre convinto di ciò che pensa, anzi di ciò che è.
(…)
Fermata del Palazzaccio, si scende. A piedi, continua la discussione, ma lui
è sempre più debole, e si accascia sul parapetto di ponte Umberto…. Winter,
che hai? CHE HAI???
Disegno originale di Emiliano
Mammucari, mezzatinta su cartoncino, 2001
WINTER
Niente, non è niente. Ora passa…
DIEGO
Devi mangiare. Devi mangiare qualche cosa, porca vacca. Ma oramai sono quasi
le tre del mattino, dove lo troviamo un buco aperto? Lui però non molla, non
molla.
WINTER
Sto bene, dai. Dai che oramai ci siamo… Dammi retta una volta sola, dammi
ascolto…
DIEGO
Non so come, arriviamo a via dell’Orso 21.
Foto di Franco
Grasso, 2001
DIEGO
Quinte da presepe, facciate sbilenche, un’aria da borgo quattrocentesco, i
resti di una metropoli che non si sa dove si è ficcata. Un incubo. Al numero
21 c’è un portoncino verde….
Una musica che “interroga”…
E adesso? Che si fa? Citofoniamo a tutti e
chiediamo: “Scusa per caso eri tu che volevi darti una revolverata, stasera?
Aspetta un attimo, prima vieni con noi a scolarti una birra….”
Il portoncino è socchiuso, potremmo entrare e iniziare a….
Ma improvvisamente Winter mi guarda smarrito, mi si avvicina, mi prende per
un braccio…
WINTER
Ma se davvero lì dietro… se davvero c’è un malato terminale…. e se per caso
è ancora vivo…. Dimmi…. Che diritto abbiamo…. Che diritto, dimmi, di
andargli a fare bei discorsi?
DIEGO
TU mi fai questa domanda? M’hai fatto correre la notte intera, accidenti a
Internet… e adesso?????
(…)
Cos’era quella là dentro, una lacrima?
WINTER
Appunto. La notte intera. Dimmi, che fine avranno fatto, tutti? Quello con
la siringa dentro al braccio…Quello che abbiamo lasciato là per terra…. E il
sudamericano… E Palloncino Blu…
DIEGO
Trema tutto.. Che posso fare per lui? Fotografarlo? No, per la prima volta
vorrei soltanto abbracciarlo, vorrei stringerlo, ninnarlo….
WINTER
Tu… che sei più grande di me. Tu che ne hai viste tante… Come sarà possibile
alleviare davvero tutte le tragedie dell’umanità?”
Una musica che interroga, e che piano
piano monta, cresce….
DIEGO
E che ne so, fratello. Magari potessi risponderti. Magari potessi
consolarti. Per davvero. E con te tutti gli altri. La profuga albanese, il
torturato sudamericano, il tossico, la sua ragazza, Palloncino Blu, il
piccolo Cristian insieme a suo padre…..
“Dai, coraggio. Coraggio”.
E per colmo di paradosso, sono proprio io a dirgli la frase fatale:
“Su, entriamo, adesso”.
Era questo che volevi? Entriamo. Lui per primo, poi io, infine Cesare. Porta
aperta nell’appartamento al primo piano, quasi ci stessero aspettando.
Cauti, ci facciamo avanti. Piano. Anzi, pianissimo…. Ho il cuore in gola, ho
paura che lui possa sentirsi ancora male, vorrei chiamare Anna, e poi fare
un altro miliardo di cose che ho dimenticato di fare, non soltanto fare
clic….
(…)
Appartamento pieno di cose, scaffali alle pareti, poster di gruppi musicali
degli anni settanta. Andiamo avanti, avanti…..
E in fondo, accasciata davanti a un terminale, una donna, con un buco in
testa.
Sullo schermo del computer, ultimo messaggio inviato da pochi minuti nella
chat line:
Addio amore.
Fine del viaggio, punto. Tragedie su tragedie, e per finire a quella più
scontata e privata di tutte: un amore finito, oppure neanche incominciato.
Ho il cuore in bocca, sento l’ansimare di Cesare, intuisco e posso quasi
ascoltare tutti i pensieri di Winter…
(…)
E’ disperato, si inginocchia accanto alla morta, piange come un bambino,
piange per questa sconosciuta, piange per tutti i dolori degli altri che non
farà mai in tempo a consolare davvero….
E allora è a questo punto che la notte gira su se stessa, si arrotola come
un serpente: è a questo punto che capisco, è a questo punto che mi si apre
tutto. Gli occhi, l’otturatore, il cuore. Ti ricordi? Tra un minuto mi
inginocchierò anch’io e lo abbraccerò stretto, e asciugherò le sue lacrime
col dorso della mano, ma prima debbo fare una cosa.
Prendo la Nikon che finora non ha fatto altro che pendermi dalla spalla,
inerte e fredda. Dentro c’è pellicola vergine che mi attende da chissà
quando.
Inquadro, scatto…..
Questo clic che è come un tuono.
Lo so, non ho fotografato nient’altro che morte, ancora una volta, ma
improvvisamente mi sono ricordato…
WINTER
Diego?
DIEGO
… della vita.
(…)
Sì. Eccomi. Eccomi.
Una musica che non si ferma più: il
battito, la danza, i passi di corsa, il respiro, le angosce, le risate,
tutto un vortice, e poi lo scatto, gli scatti, uno dietro l’altro, adesso
per sempre….
FINE