Nona scena

Guerra e pace

 

FILIPPO

Erano le cinque. Ancora! Costantino guardò l’orologio appeso al muro. Questo tempo non finisce mai.

COSTANTINO

Egoista, ti avevo chiesto di parlarmi di Lui. Dio, gli avevo chiesto di parlarmi di te, e invece lui… è venuto a cercarti di persona, non si è accontentato di leggere un libro! Chissà quanto ha corso, ridicolo a sperare di entrare in una chiesa alle tre del pomeriggio. Filippo non ha capito niente di quello che sta succedendo. Aiutalo, e aiuta me, sto soffrendo così tanto!

FILIPPO

Come faccio ad amarlo se mi odia, se vuole costruire un muro di silenzio, di domande, di sentimenti che non riesco a comprendere?

IL PADRE

- Non avere paura Filippo! Guarda il pallone che arriva!

FILIPPO

- Cosa devo fare? Cosa devo fare?

IL PADRE

- Niente. Aspettalo e poi buttati per prenderlo.

 

China su carta di Dario Busolini, 2002

 

FILIPPO

Il ragazzino grassottello ascoltava i consigli del padre a fondo campo. Aveva paura mentre arrivava la palla rossa. Faceva freddo e gli tremavano le ginocchia. La gomma americana che masticava nervosamente lo faceva sentire grande, un vero e proprio portiere, e lo difendeva dalla paura, perché gliela aveva data papà.
Gol! Gli gnometti saltellanti avevano segnato. Quanta rabbia e quanta sofferenza per quel gol senza spiegazione.
- Non servi a niente! E Filippo sputava la Bubble gomma.
Ma la sofferenza di ieri non era paragonabile al dolore di oggi, dì di festa.

 

LA RAGAZZA

- Voglio di più.

FILIPPO

- Cosa significa?

LA RAGAZZA

- Tu non mi capisci. Non è colpa tua, forse è colpa mia. Io voglio qualcosa diverso da te. Ci lasciamo, è meglio per tutti.

FILIPPO

Filippo sentiva le parole provenienti da lontano, anche se Laura stava a pochi centimetri da lui, nella macchina che conosceva l’anima e il corpo di entrambi meglio di loro stessi. Il dolore più nero, più profondo, più cattivo, più dolce aveva provato qualche tempo fa. Bruciava, bruciava forte e più a lungo delle botte e delle ferite per giocare a pallone. Eppure era niente rispetto a quello che provava oggi, adesso che la stanza era ancora più vuota perché Costantino, muto com’ era, sembrava già morto, e lui non poteva fare niente.
“Amalo”! Inutili e imbarazzanti le parole di Cinzia. L’amore è Dio.
Guerra e pace.

 

COSTANTINO

- Filippo! Non voglio morire!

FILIPPO

Avrebbe voluto abbracciarlo di più, stringerlo tutto, ma le ossa di Costantino sono fragili, il corpo di Costantino è debole e la paura di essere contagiato dalla morte annunciata è tanta.

COSTANTINO

- Dio ci sta guardando.

FILIPPO

- Già, l’occhio di Dio, il triangolo che ti sorveglia.

COSTANTINO

- Per te è solo un triangolo?

FILIPPO

Era la resa dei conti? Bisognava per forza dire tutto, fare di ogni piccolo sussulto interiore un fatto pubblico, confessare sé stessi, abbattere il muro?

COSTANTINO

- Sia fatta la tua volontà.

FILIPPO

Finalmente lasciato libero di soffrire in silenzio, di tacere l’intimo, di urlare la rabbia e il dolore.

COSTANTINO

- Sia fatta la tua volontà.

FILIPPO

Che bisogno c’era di ripetere queste parole? Perché farle sentire a tutti, perché gridarle a Dio nel timore di essere ascoltato ed esaudito?
Filippo si avvicinò al fratello, cattivo: - Questo non l’ha detto Dio. L’ha detto Gesù, suo figlio.

 

 

     
   
   
Filippo    Gaetano Lizzio
Costantino    Andrea Martella
Il padre    Irio Fantini
La ragazza    Mara Miceli
  
Musiche originali    Il re è morto, parte terza, Gianluca Podio
  
Allestimento e regia    Gian Berardino Carlucci