Ottava scena

Parole e paura

 

CINZIA

- Finalmente! Ti stavamo aspettando!

FILIPPO

- Cinzia, grazie per il tuo aiuto e per la tua amicizia, puoi lasciarci soli adesso?

CINZIA

- Sei impazzito di nuovo? Mi stai cacciando dopo che mi hai fatto precipitare qui, dopo che sei scappato, colto da chissà quali eroici furori… mi stai cacciando? Io voglio rimanere qui, Costantino…

FILIPPO

- Io ho sempre badato a mio fratello, l’ho sempre aiutato, protetto, che vuoi tu adesso? Sei una cara amica, ma non fare una parte che non ti compete. Quando avrò bisogno di te ti chiamerò, adesso voglio rimanere solo con lui, non lo capisci?

CINZIA

- Capisco che sei uno stronzo egoista, che vuoi fare l’eroe quando non hai il coraggio di essere uomo e di ammettere di aver bisogno di aiuto, e non perché Costantino sia svenuto e tu non sappia cosa fare, perché lo sai eccome, ma perché non ce la fai più, ti sei rotto di stare da solo in questa “reggia”, in questa enorme stanza che ha due finestre … e tu non ti affacci mai.

FILIPPO

- Che dici? Io guardo sempre quello che succede.

CINZIA

- E allora muori di rabbia nel vedere che la vita continua, là fuori!

FILIPPO

- Abbassa la voce, ci sente!

CINZIA

- No, sta dormendo e magari sogna pure.

FILIPPO

- No, non sogna più, me l’ ha detto stamattina.
Cinzia smise di guardare Filippo.

CINZIA

- Ora vado via. Ricordati che non puoi aiutare qualcuno quando ce l’hai con tutti.

FILIPPO

Filippo la avvicinò per la giacca, imbarazzato e confuso.

CINZIA

- Vado. E lascia stare i tuoi riccioli, bellissimi: non c’è bisogno di cercare parole di scusa, non le troveresti comunque. Ti sei messo in testa di capire?

FILIPPO

Filippo continuava a toccarsi i capelli.

CINZIA

- Vuoi capire il mondo? Vuoi capire tuo fratello? Amalo!

FILIPPO

Cinzia lasciò l’appartamento, veloce come era venuta. Filippo sentì appena la scia del suo profumo.

 

FILIPPO

- E’ corsa qui appena l’ho chiamata. Si è subito data da fare per aiutare Costantino.
Sbattè la mano forte sul tavolo: lei poteva decidere se esserci o no, se sorridere o piangere, mentre lui doveva rimanere lì, e controllare, assistere, aiutare. Fino alla fine.
Un altro pugno sul tavolo.
- Accidenti! C’ero quasi riuscito. Avrei avuto delle risposte, avrei accettato la situazione, avrei abbracciato mio fratello, come ogni giorno. Sereno. E invece… questa qui mi schiaccia con la sua verità. Dall’alto del nono piano può permettersi di dire quello che vuole, ma lei non è qui e non può capire. Non avrei dovuto chiederle aiuto, avrei dovuto fare tutto da solo, come sempre.

 

China e acquerello su carta di Diego Romano, 2002

 

COSTANTINO

- Filippo!

FILIPPO

- Costantino, pigrone, come stai?

COSTANTINO

- Dove sei andato?
Gli prese la mano.

FILIPPO

- Sono uscito.

COSTANTINO

- Dove sei andato?

FILIPPO

- Avevo bisogno d’aria.

COSTANTINO

- Prima l’acqua, poi l’aria… stai soffocando, vero?
- Dove sei andato?

FILIPPO

- Dovevo cercare una cosa… tentò Filippo.

COSTANTINO

- Cosa?
Si liberò dalla stretta del fratello.

FILIPPO

- Una chiesa.

COSTANTINO

- Quale?

FILIPPO

- Una qualunque, con dei vivi dentro. E invece sono tutti morti, fuori e dentro.

COSTANTINO

- Io sono vivo. Tu sei vivo.

FILIPPO

- Non ne sono più sicuro. Mi sembra di essere l’ultimo uomo sulla terra, quello a cui è stato dato un compito ma, impreparato com’è, non sa quale e non sa perché.

COSTANTINO

- Egoista. Sono io l’ultimo uomo sulla terra. INIZIO e FINE.

FILIPPO

Un mare di pensieri, di lacrime, di grida d’amore stava inondando l’anima, lo stomaco, il cervello di Filippo, e lui non riusciva a dire niente.

COSTANTINO

- Egoista. Sei scappato per strada, non ci hai detto dove. E non sei andato da loro, da mamma e papà, sei andato per fatti tuoi.

FILIPPO

- Andavo a cercare quello che volevi tu. Cercavo un prete, un dannatissimo “spazzacamino” che mi dicesse qualcosa, che mi guardasse, almeno. E invece non si è fermato quando mi ha visto solo e disperato davanti alla chiesa, quella che accoglie tutti, ma che è chiusa per alcuni. Il prete ha tirato avanti, sicuro di sé, mentre io avrei sfondato la porta, pur di entrare, dopo tanto tempo.

COSTANTINO

- Perché volevi entrare?

FILIPPO

- Per te.

COSTANTINO

- No!

FILIPPO

Costantino urlò con tutto il fiato che aveva. E poi i suoi pensieri corsero più delle parole.

COSTANTINO

Ti avevo detto di parlarmi di Lui: avresti potuto tirare fuori la Bibbia che ho nel cassetto, avresti potuto dirmi che stavi soffrendo, avresti potuto raccontarmi cosa ti è accaduto al lavoro tre mesi fa. Avresti potuto telefonare a mamma e papà. Hai chiamato Cinzia, al loro posto. Hai approfittato della situazione per fare quello che avevi in mente da una vita.

FILIPPO

- Non sapevo cosa fare, perché mi rimproveri? Perché mi odi?
“Amalo”! Le parole di Cinzia… troppo decise, troppo veloci, troppo semplici, troppo per uno che sta scoppiando di dolore. Filippo smise di parlare.
Che colpa ho io se tu sei malato, se… che colpa ho se non riesco a confrontarmi col dolore dei miei? Che colpa ho Dio, se ho cercato prima te e poi gli altri?

COSTANTINO

Egoista. Non sai che da qui non posso vederti quando corri per strada e Cinzia mi deve raccontare che secondo lei sei uscito di senno e la colpa, allora, è mia. Di chi, altrimenti?

 

 

     
   
   
Cinzia    Raffaella Castelli
Filippo    Gaetano Lizzio
Costantino    Andrea Martella
  
Musiche originali    Il re è morto, parte prima, Gianluca Podio
  
Allestimento e regia    Gian Berardino Carlucci