Quinta scena

Un bambino. Un pallone. La parola risolutiva.

 

FILIPPO

Non riuscivo ad arrivare alla finestra, quando ero piccolo. Nonostante forzassi le punte dei piedi per terra sollevando i talloni, nonostante protendessi le braccia verso l’alto dei vetri, niente, rimanevo corto e curioso di vedere quello che stava succedendo in cortile.
Filippo poggiò le mani sul davanzale e batté la testa contro il vetro, una volta, due volte, un’altra volta ancora.

IL PADRE

- Non ti fai male, coraggio! –

FILIPPO

- Non ce la faccio! - diceva un bambino grassottello, poco fiato e tanto sudore.

IL PADRE

- Non aver paura, guarda il pallone, non aver paura!

 

acquerello e matita di Irio Ottavio Fantini, 2002
 

FILIPPO

Era un signore coperto da strati di lana, con le mani che si agitavano troppo e lo sguardo attento.
Filippo provò ora un brivido.
Il cortile era deserto. I bambini erano a pranzo con le famiglie, solo fra due ore sarebbero esplose le loro grida e i loro “gol”!
Rumenigge, Falcao, e poi Ciccio Graziani, Cabrini, Altobelli: il calcio italiano e i nomi stranieri.
“Torna in campo Ronaldo!” Lo sguardo di Filippo si fissò sul titolo del giornale rosa sotto il lavandino.

IL PADRE

- Torna in campo, Filippo, tocca a te, torna a giocare!

FILIPPO

- No! Mi prendono in giro.

IL PADRE

- Non avere paura!

FILIPPO

Il signore si avvicinava a lui.
- Hai fatto invasione di campo, papà!

IL PADRE

- Non ti preoccupare, Filippo, la prossima volta mi ricorderò di rimanere a bordo campo.

FILIPPO

Faceva proprio freddo quando Filippo giocava a pallone nel cortile del suo palazzo, con gli altri marmocchi della sua età, piccoli e agili. Francesco rimaneva a bordo campo, appoggiato all’alberello di mandarini.

 

FILIPPO

Un’altra testata contro il vetro.
- Non mi faccio male. Non mi faccio più male. Sono forte, io. Sono così forte che adesso ho paura di tornare di là e trovare Costantino a letto, sempre a letto. Mi chiede di Dio. Chi è? Che vuole da me? Che pretende?
Prese il bicchiere e lo riempì d’acqua.
- Ecco, non riesco neanche più a bere un bicchier d’acqua senza sentire il millepiedi gigante che si risveglia, che sale fino in gola... E devo essere forte, io. Non devo piangere, io. Non devo cedere, io. Ma non sono un attore neanche io, caro fratellino! È facile fare la parte, farsi uscire una lacrima, comprimersi per il dolore, tanto non sei tu, e la tragedia non è la tua, non è tuo fratello quello che crepa nell’altra stanza. Poche ore e si torna a casa a ridere, a sfasciarsi la mandibola per quanto si ride. Perché la vita fa ridere. Vedi? Mi viene da ridere, sto ridendo, veramente... sono disperato, rido.

LA VOCE

Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.

 

disegno di Gianni De Luca, 1991
 

 

FILIPPO

Nessuno “spazzacamino”, nessuna immagine, nulla compariva nella mente di Filippo, se non la parola risolutiva.
Posò il bicchiere d’acqua dentro il lavandino, raccolse i fogli della Gazzetta usati come tappetino e li gettò nel secchio accanto alla finestra.
- Torniamo in campo - Disse a voce alta.
Un solo pensiero: e poi? Cosa c’è di là dal muro?

 

 

     
   
   
Filippo    Gaetano Lizzio
Il padre    Irio Fantini
  
Musiche originali    Il re è morto, parte seconda, Gianluca Podio
  
Allestimento e regia    Gian Berardino Carlucci