Terza scena

Le favole.

 

FILIPPO

- Non si può parlare di uno che non si conosce. Perché vuoi ascoltare le favole? Non sei più un bambino, l’hai detto tu stesso.

COSTANTINO

- I bambini credono nelle favole anche se sanno che la realtà è un’altra. Lasciami provare, voglio credere nelle favole!

FILIPPO

Filippo non era sicuro di aver capito fino in fondo cosa chiedesse Costantino. Si ricordava quando lui e il fratello, bambini, tornavano da scuola, quando l’infermiere Francesco e l’infermiera Adele cambiavano i turni all’ospedale per stare, a turno, con i figli. Cambiavano ospedale, per non incontrarsi al lavoro, cambiavano casa, per non incontrare più neanche i figli.
- Se ti volesse veramente bene tornerebbe, anzi, sarebbe già tornato ed ora sarebbe qui, ad assisterti al posto mio. E anche lei: ha passato tutta la vita a curare gli altri, ad affrontare le peggiori malattie, ad ascoltare la sofferenza e il dolore di tutti, ma qui non viene. Ha paura. Ha paura di te, caro Costantino, e di ritrovarsi con nostro padre davanti e non sapere che fare.

COSTANTINO

- Filippo, cosa dici? Mamma e papà vengono, ieri sono venuti!

FILIPPO

- Oggi dove sono? Si guardò attorno: era così grande la stanza dove Costantino passava le sue giornate.
- Mamma e papà rispettano i turni anche adesso, per non incontrarsi mai. Neanche la tua malattia li ha fatti riavvicinare, del resto, perché avrebbero dovuto? E chi sei tu per far avvenire questo “miracolo”? Vedi? Io pure credevo nelle favole, e invece la realtà…
Costantino si tolse via una lacrima solitaria.

 

acquerello e matita di Irio Ottavio Fantini, 2002
 

 

COSTANTINO

- A me rimangono solo le favole. Parlami di Lui. Parlami di Dio.

FILIPPO

Silenzio, una chiesa, preti, nero, una croce. Domande, rabbia, dolore.
Ora Filippo ricordò Spazzacamino, ma non ricordava le sue lezioni e non riusciva a tirare fuori, in questo preciso momento, nessuna “parola risolutiva”, quella che tutti i preti hanno in bocca quando ti guardano sorridenti e ti danno la pacca sulla spalla. Si sarebbe strappato tutti i riccioli, uno per uno, in cambio della parola risolutiva, eppure dentro di lui non ne risuonava nessuna.
- Mi sento sotto pressione se mi guardi con quell’aria inquisitoria!

COSTANTINO

- Inquisitoria, io?

FILIPPO

- Sì, sai benissimo che non ho risposte, eppure mi fai domande. Aspetti la parola risolutiva e io, accidenti, non la trovo. Non la conosco, capito? Almeno, non giudicarmi!

COSTANTINO

- Posso giudicarti, così sdraiato e tutto indolenzito?

FILIPPO

- Di solito i malati lo fanno.
Cosa stava dicendo? Aveva esagerato, forse. Stava incolpando Costantino della propria malattia, gli stava per dire che la sua sola presenza dava fastidio, rompeva vecchi e rassicuranti equilibri, magari fasulli e arrugginiti, ma rassicuranti. E l’abitudine di essere lui, Filippo, il fratello scapestrato e ribelle era finita, così come l’abitudine di Costantino di andare all’università e preparare la tesi, così come l’abitudine di Francesco e Adele di telefonare, a turno, per sapere come stessero andando le cose. Adesso venivano loro, portavano i succhi di frutta, parlavano da soli affacciati al vetro della finestra, magari piangevano un po’ se Costantino quel giorno non riusciva a parlare bene o preferiva tenere gli occhi chiusi, e poi andavano via. Erano iniziate nuove abitudini e Filippo le viveva, e le subiva. Come tutti.

COSTANTINO

- Non l’ho voluto io, il tumore. Non posso... non riesco... l’idea che...

FILIPPO

Era mezzogiorno, e la luce del sole era accecante.
- Non riesci... cosa?

 

FILIPPO

- Sono proprio uno stronzo! Tu hai bisogno di me e io.... Non so perchè ti è capitato questo.

COSTANTINO

- Forse un senso c’è.

FILIPPO

- Qual è?

COSTANTINO

- Io non lo conosco, tu non lo conosci, ma un senso c’è.

FILIPPO

- Senti Costantino, questo è fatalismo infantile.

COSTANTINO

- No! I bambini sono logici, e credono nelle favole, ti ripeto.

FILIPPO

- Io non credo, Costantino, non credo nel dolore necessario e nella sofferenza gratuita. Io non credo in Dio, tu lo sai.

COSTANTINO

- Dio è sofferenza?

FILIPPO

- Be', tu stai soffrendo.

COSTANTINO

- E lui cosa c’entra?

FILIPPO

- Già, lui non c’entra niente - Rispose secco Filippo, camminando verso la porta. - Lui non c’entra niente.
Eppure lo odiava. Lo odiava e pensava: non posso odiare uno che non conosco, e non posso conoscere uno che non esiste. Questa è logica. Ma neanche la logica serviva a qualcosa, perché il suo cuore batteva forte e le mani erano sudate.
- Vado a prendermi un bicchier d’ acqua, tu non ti muovere!
Costantino guardò il fratellone allontanarsi e sorrise.

 

 

     
   
   
Filippo    Gaetano Lizzio
Costantino    Andrea Martella
  
Musiche originali    Il re è morto, parte terza, Gianluca Podio
  
Allestimento e regia    Gian Berardino Carlucci