Seconda scena

Io sono una persona. Parlami di lui.

 

COSTANTINO

- Sono stanco. Oggi mi sento stanco. Strano, vero?

FILIPPO

- Sono mesi che sei stanco, pigrone. Credi forse che questo soprannome nasca per caso? Eh no, sai bene che tuo fratello è una persona logica! Rimani a letto tutto il giorno, pretendi massaggi e cure sofisticate…

COSTANTINO

- Oggi, però, non mi fa male niente, non ho molti dolori allo stomaco, e anche la spalla destra sembra ancora sonnecchiare. Non si è accorta che sono già le 9.00.

FILIPPO

- Vedi che sei un pigrone? Anche la tua spalla l’ha capito. Pigrone! Mai soprannome ha avuto più senso!

COSTANTINO

- Sono io che non ho più senso.

FILIPPO

Filippo avrebbe continuato a parlare a sproposito, pur di impedire al fratello di dire quello che aveva appena detto.

COSTANTINO

- Se sei una persona logica, dimmi perché sono qui. Dimmi perché devo morire. Perché?

FILIPPO

La mano di Filippo prendeva nervosamente i riccioli sulla fronte e li tirava, li allungava… che stai dicendo?

COSTANTINO

- Filippo, non c’è logica che tenga. Io non sono una gazzella sbranata dal leone nel ciclo della vita. Io sono una persona.

FILIPPO

- Anche io sono una persona, proprio come te. Quasi come te: io sto in piedi e tu no, io mangio carne e patatine e tu no. Vuoi sapere di più? Tu hai studiato all’università, io no, tu parli con mamma e papà, io no, tu sei buono, io no. Questo è tutto quello che so.

COSTANTINO

- Non ti sembra poco? Non credi che ci sia dell’altro?

FILIPPO

La mano riprese a toccare i riccioli. Filippo si avvicinò alla finestra e aprì un vetro, poi l’altro. Che bello il fiume, che fortuna abitare nel centro della città e godere di un simile panorama. Il traffico intenso non arrivava mai fino all’ottavo piano del vecchio palazzo e le voci eccitate dei turisti non riuscivano a penetrare nella grande stanza. Filippo richiuse la finestra e si diresse verso l’altra. Roma dormiva ancora quella mattina, era domenica.
“Domenica, giorno del Signore”!
Chi ha detto questa frase? E sorrise pensando a un vecchio prete che insegnava catechismo ai bambini vestiti col grembiule nero e il fiocco bianco. Uno di questi bambini tirava il vestito del prete e lo chiamava “Spazzacamino”. - Ciao Spazzacamino!
E il prete gli diceva: “Da tanto tempo sei con me, Filippo, e ancora non mi conosci?
 

acquerello e matita di Irio Ottavio Fantini, 2002
 

FILIPPO

Filippo richiuse velocemente la finestra. La spalla di Costantino si era svegliata e chiedeva attenzioni.
- Ti faccio un bel massaggio, piano, delicato, come solo io posso fare. E dire che Laura si lamentava che ero troppo rude e per niente dolce. Vorrei proprio che mi vedesse, adesso. Non sono forse delicato, senti dolore?
Costantino sorrideva mentre Filippo stropicciava il suo pigiama “un po’ qui, un po’ lì… ecco ancora qui, ahi, mi hai fatto male!” Non gli dispiacevano affatto le premure del fratello, e non gliene importava niente se il suo atteggiamento poteva sembrare infantile. Entrambi conoscevano lo scherzo, ed entrambi non ci avrebbero rinunciato per niente al mondo.

COSTANTINO

- Filippo, parlami di lui.

FILIPPO

E lo scherzo finì.
 

 

     
   
   
Costantino    Andrea Martella
Filippo    Gaetano Lizzio
  
Musiche originali    The sound of dreams (extended piano version), Gianluca Podio
   Il re è morto, parte prima, Gianluca Podio
  
Allestimento e regia    Gian Berardino Carlucci